venerdì 30 ottobre 2015

Vampiri emozionali

Vi è mai successo di incontrare qualcuno e poi sentire un senso di spossatezza, un cambio repentino d’umore, pensieri negativi che assillano? Se vi è successo probabilmente vi siete imbattuti in un vampiro emozionale.
Il “vampiro emotivo”si nutre d voi e, passo dopo passo, tende con artifici anche sottili, a soggiogarvi fino ad annichilirvi per sopravvivere.

I vampiri sono ovunque, in ufficio, nei centri commerciali, in palestra, in casa. Possono essere chiunque, si possono nascondere sotto molte vesti e possono assumere i connotati di amici e parenti…..può essere il collega di lavoro, il capo, un amico, la moglie, il marito, la fidanzata.

I vampiri emozionali non sono sempre consapevoli del loro ruolo e spesso non sono nemmeno persone cattive.
Siamo di fronte a persone che invadono la nostra libertà senza porsi alcun limite e che sono convinte che tutto il resto dell’umanità sia stata creata per soddisfare i loro bisogni. Sembra una persona normale ma, lentamente, dopo essersi conquistata la vostra simpatia, inizierà a succhiare tutte le vostre energie emozionali.

Alcuni hanno bisogno della nostra energia e della nostra luce per sopravvivere, incapaci di farlo contando solo sulla propria. Insufficiente o negativa che sia. Altri, i più pericolosi, quell’energia e quella luce che emaniamo, desiderano solo smorzarla, fino a spegnerla.

Il Vampiro energetico inconsapevole

Il Vampiro energetico non deve avere per forza intenzioni maligne. Anzi, molti si trovano nella cerchia degli amici o in famiglia. Di solito sono persone molto fragili, spaventate, prive di qualunque autonomia emotiva, bisognose di costante attenzione, che vedono negli altri solo la stampella necessaria per fare il prossimo passo.
Al contrario, alcune sono persone talmente esuberanti da travolgere con la loro vitalità tutto ciò che le circonda, incuranti dell’effetto ciclone che possono avere sul prossimo.

 
Ci sono poi le persone prive di qualunque senso pratico, che navigano a vista, sempre alle prese con problemi complessi, su cui chiedono continuamente consigli che non seguiranno mai. Che dopo aver ingarbugliato fino all’inverosimile le situazioni, pretendono il tuo aiuto per uscirne. Sono convinti che tu sia sempre lì, pronto a intervenire per togliere loro le castagne dal fuoco. Persone che, più che un amico o un parente, ti vedono come un Pronto Soccorso emotivo e pratico, sempre aperto.

In realtà, è difficile ammettere che in famiglia o tra gli amici più stretti, si celi un Vampiro energetico pronto a dissanguarci. Per affetto o consuetudine, tendiamo a minimizzare le avvisaglie e a giustificare in ogni modo comportamenti atti a spremere ogni goccia della nostra energia vitale.

Il Vampiro energetico consapevole

Il Vampiro energetico consapevole, colpisce sapendo di colpire. E’ abbastanza riconoscibile e di solito ce lo troviamo intorno senza aver fatto molto per attirare la sua attenzione. Forse perché siamo stati noi ad aver attirare la sua. Sono persone che fanno di tutto per entrare a forza nella nostra vita, usando diverse chiavi d’accesso e sono abbastanza riconoscibili.

Alcuni chiedono continuamente conferma alle loro parole, nel tentativo di deviare le tue idee e far sì che avvalori le loro. Il vittimista, che usa le sue sciagure e sofferenze, per entrare nelle tue grazie e nutrirsi della tua energia per superarle.

Quello che ti sta costantemente addosso, che ti travolge con i suoi discorsi incurante delle tue opinioni; che vive aggrappato agli altri, per riuscire a galleggiare nel suo piccolo mare di solitudine.
Altri si celano dietro un apparente distacco, parlano molto poco di se stessi e fanno sì che la loro vita rimanga un arcano. Attaccano per lo più persone influenti o in posizioni di comando, da poter manipolare per i loro scopi e per appagare la loro sete di potere frustrata.

In sintesi, come si riconoscono?

Amano nascondere le loro battute offensive in un atteggiamento di falsa cordialità e amicizia
Criticano il comportamento degli altri e sono pronti a sfruttare le ingenuità degli altri per poterne trarre un vantaggio personale
Non rispettano nessuna regola e vedono le relazioni interpersonali come qualcosa da poter sfruttare a proprio vantaggio
Di solito hanno un atteggiamento amichevole che nasconde il loro vero intento che è quello di servirsi degli altri per ottenere dei benefici senza dare nulla in cambio
La loro strategia è quella di dare alle loro vittime l’illusione della loro disponibilità che non si concretizzerà mai
Quali altre strategie adottano?

Una strategia che viene adottata frequentemente dal vampiro è quella del ricatto emotivo che sfrutta facendo sorgere in noi dei forti sensi di colpa che lo aiuteranno a manipolarci con maggior facilità.

Un altra tattica è quella del vittimismo emotivo che mettono in atto impersonando il ruolo della vittima.

Ecco 17 tipologie di vampiri energetici che distruggono la felicità

Ne esistono davvero tanti e ciascuno ha origini ben precise, ma anche se ogni tipologia di Vampiro energetico segue un diverso modus operandi, lo scopo è comune a tutti. La loro sopravvivenza a discapito del tuo benessere.

Il problema è che i vampiri emozionali non solo ci provocano un disagio momentaneo, ma, a forza di rapportarci con loro giorno dopo giorno, ci causano grande stress e angoscia, non solo a livello emotivo, ma anche fisicamente. In realtà, non possiamo dimenticare che le emozioni sono contagiose e che gli stati emotivi negativi mantenuti nel tempo possono dare origine a numerose malattie. Quindi il primo passo per affrontare i vampiri emozionali è imparare a distinguerli. Per approfondimento leggi “Vampiri emozionali, come riconoscerli”

1 Adulatore
E’ abituato a riempire gli altri di complimenti falsi e di lodi non sincere.

2 invidioso
Si sente inferiore ed è costantemente invidioso delle doti o dei successi ottenuti da amici e parenti.

3 pettegolo
Attacca sempre bottone ed ama parlare dei fatti degli altri. Non gli sfugge nessun dettaglio che poi prontamente riporta a chiunque gli capiti a tiro.

4 autoritario
Impone la sua presenza facendo leva sulla sua presunta superiorità; non ammette che venga offuscata la sua autorità e si sente soddisfatto quando riesce a controllare qualcuno.

5 appiccicoso
Stabilisce dei legami stretti ed indissolubili con le persone che sceglie. E’ il suo modo per approfittare della loro linfa ed energia vitale.

6 controllore
Con l’astuzia si intromettono nella vita altrui riuscendo a controllarla e ad imporre la loro volontà. Per mantenere il controllo fanno ricorso al senso di colpa.

7 pessimista
Ha una visione pessimistica e negativa della vita e non perde occasione per piangersi addosso.

8 approfittatore
E’astuto e particolarmente abile nell’ottenere dagli altri ciò che desidera.

9 chi rinfaccia
E’ una persona che ha il vizio di rinfacciare tutto, comprese le azioni mai compiute.

10 altruista
Sembra ben disposto verso gli altri invece si nutre della loro energia lasciandoli stanchi ed indeboliti.

11 ipocondriaco
Sempre malato, le patologie sono il suo unico argomento. Affossa chi lo ascolta con il racconto dettagliato dei sintomi che lo affliggono.

12 contestatore
E’ un vampiro energetico sempre pronto alla protesta e alla contestazione. Il suo atteggiamento è di prevaricazione e violenza.

13 irascibile
Perennemente corrucciato ed arrabbiato con il mondo intero si sfoga con gli altri, subissandoli con il suo cattivo umore.

14 negativo
Basa il suo potere su assurde profezie catastrofiche con le quali mira a terrorizzare le persone con le quali vive. Utilizza la paura ed il timore per indebolire e poter rovinare la felicità altrui.

15 derelitto
Per far presa mette in evidenza la terribile condizione nella quale vive. Cerca di mettersi al centro dell’attenzione puntando sui problemi che gli rendono la vita impossibile.

16 illuminato
E’ un vampiro energetico che si spaccia per una grande personalità mentre non riesce a far altro che assorbire la linfa vitale di chi gli sta accanto.

17 moralista
Si tratta di persone che si ergono a giudici degli altri e non esitano ad imporre schemi e regole.

Quali sono i sintomi?

Se siete caduti nelle mani di un vampiro energetico vi accorgerete immediatamente che la sua presenza vi metterà di cattivo umore, se il legame che si crea tra voi è di dipendenza, però, potrebbe avvenire l’esatto contrario (provocando in voi malumore, quasi un bisogno morboso e malsano)… vi toglierà comunque energia, lasciandovi stanchi e demotivati.

Malgrado il suo atteggiamento amichevole avrete la sensazione che questa persona non vi rispetti e la sua presenza vi darà fastidio e imbarazzo.

Il vampiro potrebbe anche provocarvi dei forti mal di testa, stanchezza eccessiva, sensi di colpa e insicurezza; proverà sicuramente a farvi isolare da amici e familiari così che avrete solo lui come unico referente ed allora sarà difficile sfuggirgli o separarsi da lui.

Ricordate

Con questa tipologia di persone non vale la pena perdere tempo, difficilmente cambieranno e non si meritano la vostra considerazione……

Se volete essere davvero felici nella vita, è fondamentale eliminare i rami secchi e circondarsi di persone positive e vitali, che vi stimano ed apprezzano per quello che siete, che vi sostengono e vi incoraggiano senza prevaricarvi, e soprattutto, senza rubarvi la vostra preziosa energia!

dott. sta Daniela Tofi www.psico-life.it danielatofi@hotmail.com

martedì 27 ottobre 2015

Volontà. ...Che cosa è?

Il termine è stato utilizzato per designare concetti abbastanza differenti, ma è ormai caduto in disuso, dal punto di vista scientifico, proprio per la difficoltà di darne una definizione univoca.

Bisogna notare, comunque, che in ogni definizione di volontà è presente l'aspetto di controllo cosciente del comportamento e, spesso, quello di sforzo e di aspirazione.

La cosiddetta forza di volontà è un'energia che compare naturalmente, quanto più la coscienza si svincola dalle influenze sociali e culturali.

Questa forza, qualunque sia la sua modalità di espressione, ha una caratteristica: l'unicità, cioè appartiene solo all’individuo e ne determina il modo unico di comportarsi e rapportarsi con l’ambiente di appartenenza.

Il concetto di volontà indica quella capacità, insita nell’uomo, di scegliere e realizzare un comportamento idoneo per il raggiungimento di determinati fini.

Nell’ambito della filosofia, i greci concepirono la volontà come la risultante di appetito e ragione: la ragione approva o disapprova l’oggetto appetibile, per poi accedere alla volizione, che si attua nell’azione.

In psicologia, il concetto di volontà viene concepito, a seconda della scuola di riferimento, come:

Una funzione autonoma, non riconducibile ad altri processi psichici;
Una forma particolarmente differenziata dei processi istintivo-affettivi, cui partecipano anche le funzioni intellettive.
Il comportamento volontario, quindi, può essere il risultato del libero arbitrio, oppure, secondo altri modelli, può essere connesso al concetto di “motivazione”, ovvero è intenzionale, cioè è finalizzato all’azione volta a raggiungere determinati scopi.

L’analisi del processo volitivo consente di distinguere:

Una fase di scelta, influenzata dalle spinte istintivo-affettive e dalle rappresentazioni ideative;
Una fase di decisione;
Una fase di esecuzione.
Gli atti di volontà possono essere rivolti:

All’interno, per esempio, per controllare pulsioni reattive;
All’esterno, per mobilitare le azioni, volte al raggiungimento degli obiettivi. In questo caso, la volontà è influenzata dalle pulsioni e può persino automatizzarsi, attraverso l’abitudine a ripetere determinate strategie.

Le alterazioni della volontà sono ampiamente reperibili in molti disturbi psichici, sia come caratteristica temperamentale abnorme, sia come reazione patologica del comportamento, per cui si osservano:

la caduta della volontà nei disturbi depressivi, specialmente in quelli endogeni (arresto melanconico), e nei disturbi schizofrenici, in cui la dissociazione ideo-affettiva coinvolge in pieno l’atto volontario (paralisi completa della volontà nella catatonia, ma anche tendenze oppositive illogiche, ecc.);l’incapacità di decidere negli ossessivi (compulsivi, coatti, psicastenici), o il loro essere schiavi della coazione a ripetere; improvvisi atti, anche caparbi e spesso inadeguati, nelle sindromi maniacali, ma anche in certe forme di epilessia temporale ed in varie forme di ritardo mentale.

Dott.ssa Daniela Tofi
www.psico-life.it
danielatofi@hotmail.com

venerdì 23 ottobre 2015

LA CRISI ESISTENZIALE

Come ben sanno gli psicoterapeuti, il motivo più frequente che ai nostri giorni spinge le persone in consultazione è una dolorosa sensazione di mancanza di un senso profondo che motivi il proprio esistere, ciò che comunemente è definito appunto "crisi esistenziale": ci sono molte persone che apparentemente conducono un'esistenza tranquilla, sembrano realizzate dal punto di vista lavorativo, hanno degli affetti, eppure soffrono a causa di una dolorosa sensazione di vacuità, di mancanza di senso, accompagnata da un'affettività abbattuta, depauperata di energie, appiattita.

Per far fronte a questa condizione di malessere che nel tempo può diventare onnipervasiva, contagiando con la sua negatività le diverse situazioni di vita, si possono scegliere diverse strade. Vediamo insieme le più frequenti ed i loro trabocchetti: il rimedio apparentemente più "facile" perché più a portata di mano e meno costoso in termini di investimento personale è il farmaco, la narcosi chimica, in grado di ottundere il dolore psichico più acuto. Gli effetti collaterali sono: appiattimento emotivo e ostruzione della strada verso il cambiamento. Il rischio è che non avvenga un passaggio fondamentale per la risoluzione della crisi ovvero la "presa in carico di sé" piuttosto che la delega a terzi (in questo caso ad un oggetto inanimato).

Altre forme di automedicamento assai diffuse soprattutto tra i più giovani sono le droghe (siano esse leggere o pesanti, distinzione convenzionale che non corrisponde alla reale portata delle conseguenze psichiche) e l'alcol a cui si chiede di smorzare quel senso di angoscia, di agitazione emotiva che sulla base di una propria valutazione, sembra priva di particolari contenuti.

Sempre sulla linea dello "stordimento di coscienza" ovvero di allontanamento e dispersione di attenzione dal proprio essere, uno stile tipico della nostra società, è l'impulso all'acquisto esagerato, fine a sé stesso, lontano dai bisogni reali dell'individuo.
Se accade questo la persona che soffre a causa di una crisi di senso vitale, permane in una sorta di limbo, in cui la conoscenza di sé e delle dinamiche affettive inconsce che la costituiscono, ovvero la vera causa del malessere, divengono difficilmente accessibili.

E' il prezzo che si paga quando si permane in una condizione di fuga dal dolore psichico evocato dalla propria storia personale.

E' il gatto che si morde la coda: per evitare di soffrire blocco la strada che mi potrebbe condurre verso le radici più profonde del mio star male.

Ma perché è necessario guardare al passato, ed in che modo una crisi esistenziale attuale dipende da situazioni antiche rispetto alle quali si era deciso di mettere una pietra sopra?

Perché il passato è tuttora attuale con la sua coloritura emotiva; è come se il senso di ciò che accade nel presente venisse tessuto sulla base di categorie relazionali antiche. Cambiano i personaggi e la scena ma la storia è sempre la stessa.

Questo è il punto di partenza per chi vuole affrontare e risolvere una crisi esistenziale: iniziare a mettere ordine nella trama del proprio Sé prendendo gradualmente coscienza di come quel passato doloroso pesi ancora sul vissuto attuale continuando a condizionarlo.

Ognuno di noi nasce già con un imprinting di personalità connesso alle radici profonde del suo essere, radici che in parte sono l'eredità di coloro che hanno preceduto, (gli avi, la componente genetica) fuse in una sintesi che costituisce un individuo di caratteristiche uniche.

Le madri ben sanno che è così: è esperienza comune il fatto di riuscire a cogliere le caratteristiche salienti dell'essere dei propri figli, fin dalla nascita. Questo "abbozzo" di personalità è quello che deve svilupparsi e potrà farlo grazie alle esperienze che andrà facendo nell'ambiente che lo accoglie; quindi già il neonato ha in sé un programma che gli consente di individuarsi, di crescere sulla base delle proprie potenzialità: compito dei genitori, sarà non certo imporre un modello educativo ma cercare di capire quali esperienze sono a lui più funzionali. Anche per i genitori è un percorso di conoscenza, perché devono rifarsi ai modelli educativi che a loro volta da figli hanno subito, con la possibilità di modificarli o integrarli, laddove sono stati vissuti come deficitari; la spinta emotiva di questo cambiamento è ancora una volta riconducibile ad un affetto, in questo caso quello che lega al figlio.

Se questo processo per i motivi e le condizioni di vita più svariate (es. una madre non in grado di provare affetto per il figlio), non funziona o funziona male, può accadere che il bambino che cresce diventi un adulto che ha un'immagine di sé inautentica, un po' come colui che indossa un abito che non corrisponde ai suoi gusti e alle sue misure perché è stato scelto da altri senza tener conto delle esigenze del destinatario.

Sarà il figlio una volta cresciuto, a doversi rendere conto del disagio che prova e progettare un cambiamento.
Spesso i sintomi hanno la funzione di segnalare il malessere che deriva da una situazione di questo tipo e quindi hanno un valore ma va compreso non inibito. Per tornare a vivere pienamente, si deve iniziare a lavorare proprio laddove si avverte un blocco che continua ad auto perpetuarsi, a causa del quale si è prodotto un sé inautentico, a sua volta responsabile di relazioni distorte e inappaganti con gli altri.

Il sé autentico deve trovare lo spazio per svilupparsi e recuperare gradualmente il tempo perso. Le esperienze esterne hanno di fatto questa funzione: consentire di conoscerci attraverso l'interazione.

La spinta, il "carburante" per riuscire a fare tutto ciò sono proprio quegli affetti il cui accesso alla coscienza è bloccato. L'ostacolo più grosso è proprio questo: ciò di cui normalmente siamo coscienti, le analisi razionali del proprio stato psicologico, sono parziali e ingannevoli e spesso più che aiutare a trovare il giusto sbocco, allontanano da esso. Solo a sprazzi, dagli strati più profondi della nostra personalità ci arrivano dei messaggi di grande saggezza, mi riferisco ad esempio ad alcuni sogni che rappresentano i nostri stati emotivi attraverso storie e personaggi.

Lo psicoterapeuta deve essere la guida, il compagno di viaggio, che segna la strada e mostra i tranelli. Quindi la scelta del terapeuta è fondamentale: dando per scontati i criteri di professionalità, si deve attribuire massimo valore alla sensazione di essere capiti e di sentirsi a proprio agio nella relazione, di essere "sintonizzati sulla stessa frequenza".

Va da sé che affrontare tutto questo non è facile e soprattutto non è immediato, richiede tempo e impegno costante; se si sceglie il cambiamento, il percorso di conoscenza è una via obbligata. La posta in gioco d'altro canto, è elevata: nascere finalmente alla dimensione di Uomo, dare un senso autentico, sentito come tale, al nostro esistere.

D. Tofi www.psico-life.it danielatofi@hotmail.com

giovedì 22 ottobre 2015

Perché ci identifichiamo con le nostre emozioni?

Io ho delle emozioni, ma non sono le mie emozioni.
Io ho dei pensieri, ma non sono i miei pensieri”. – Assagioli –

Quante volte ci identifichiamo con quello che stiamo vivendo.
“Che stato di confusione, forse ha ragione mia madre, sono un’incapace”. “Questa rabbia non mi da tregua, che sia diventata una persona rancorosa?”. “La tristezza mi uccide, proprio non riesco ad essere solare”. “Lei mi ha lasciato, allora sono disperato”.

Senza accorgerci di farlo, tendiamo a creare un’immagine di noi stessi in base alle nostre emozioni e ai nostri pensieri. “Ho fatto pensieri cattivi, quindi sono una persona cattiva” crediamo. “Cambio sempre idea, allora sono una persona incostante”. Accostare l’essere all’avere è un gioco però pericoloso.

Io HO pensieri, ma non sono quei pensieri. Posso avere pensieri di paura come di gioia. Di noia come di entusiasmo. Di rabbia come di pace. Non importa. Sono pensieri che attraversano il mio stato d’essere ma non sono “Me”. Bisogna stare attenti a come formuliamo i nostri pensieri, lo dico come ipnologo: noi ogni giorno ci ipnotizziamo e condizioniamo con i nostri pensieri.

Il processo di identificazione con i pensieri e le emozioni che viviamo non è qualcosa che ovviamente accade dall’oggi al domani. È un processo lento, silenzioso, che scava a nostra insaputa nel nostro inconscio.

Pensa a quante volte ti sarai identificato con i tuoi sbagli, ad esempio. “Faccio sempre lo stesso errore” ti ripeti. In quel momento stai marcando dentro di te con l’evidenziatore un giudizio. Non su qualcosa che fai e che quindi puoi cambiare, ma su qualcosa che sei. E l’essere per sua natura è qualcosa di permanente, di duraturo, di immortale. Ma soprattutto qualcosa di neutro. Siamo noi che diamo le etichette al nostro “essere”: sono così, sono cosà.
Un modo corretto invece di esprimerti e di rivolgerti a te stesso è: “Sto attraversando una fase di angoscia, ma io non sono quell’angoscia”. “Da quando mi ha lasciato vivo stati di ansia, ma io so che non sono quell’ansia”.

Ecco il segreto per essere in pace con la propria mente ma anche con il proprio spirito: non identificarti mai con quello che stai vivendo.
Vivilo, e poi lascialo andare.
Prova a ripetere dentro di te, come un mantra, queste parole.

“Io ho delle emozioni, ma non sono le mie emozioni.
Io ho dei pensieri, ma non sono i miei pensieri”.

Un caro saluto.

mercoledì 21 ottobre 2015

Sincronicita'

CHE COSA CI COLLEGA?
Nel libro di Jung, ‘Il principio di connessione acausale’, vi è un significato soggettivo che ci collega. Senza un osservatore (tu), non c’è mente, non c’è sincronicità, non c’è significato. I pensieri sono collegati agli eventi, la mente è connessa ai movimenti della materia, e questo è soggettivo; vi è l’assenza di una causa oggettiva (è acausale).
La mia ricerca è iniziata con Carl Jung, ma già millenni prima di Jung l’uomo aveva vissuto la sincronicità. Prima di ‘sincronicità’, l’umanità antica usava parole come compassione, armonia e unità.
Nel IV secolo a.C. il filosofo greco Eraclito vedeva tutte le cose come interconnesse: nulla è isolato e tutte le cose sono collegate. Similmente, Ippocrate diceva: «Esiste un flusso comune, un respiro comune. Tutto è in accordo». L’idea classica che la separazione sia un’illusione include anche un legame tra gli oggetti inanimati. Alcuni dicono che tutta la materia ha una coscienza.

L’immagine del ruscello è concessa da Shutterstock.
IL RUOLO DELLA COSCIENZA E IL PARANORMALE NELLA SINCRONICITA’
In tutta la sua vita, Jung si è interessato – e ha avuto diverse esperienze – di paranormale. A lavorare con lui c’era il fisico vincitore del premio Nobel Wolfgang Pauli che ha presumibilmente avuto esperienze con la telecinesi. Quando era in giro si verificavano spesso dei guasti catastrofici alle attrezzature sperimentali. Ci ha sempre scherzato su, ma gli altri scienziati temevano la sua presenza negli esperimenti, perché pensavano che la causa fosse sua. In fisica questo effetto è infatti rimasto noto come ‘Effetto Pauli’.
Insieme, Jung e Pauli sono stati gli scienziati pionieri della parapsicologia. Molti altri sono andati avanti negli studi, e la coscienza viene spesso vista come la chiave per spiegare abilità come la telecinesi, la visione a distanza e la precognizione.
Un grande esempio sono i ‘campi morfici’ di Rupert Sheldrake. Egli ci mostra come i campi possano creare delle relazioni. Nel suo libro, ‘Una nuova scienza della vita’, Sheldrake cita degli esperimenti nei quali viene data ai ratti una specifica formazione e, in seguito, i ratti presenti in un altro laboratorio sono più facilmente in grado di imparare la stessa cosa. È come se i ratti condividessero un campo nel quale le conoscenze acquisite attraverso questo allenamento diventano disponibili per tutti.
Il fisico David Bohm, in ‘Ordine implicito ed esplicito’, afferma che la coscienza inizia all’esterno del nostro spazio-tempo, nel ‘flusso’ in cui è presente tutta la conoscenza e la nostra realtà materiale prende forma. Essa poi si dispiega nella nostra dimensione, per poter ritornare di nuovo al flusso.
Queste teorie, assieme a quelle esplorate da Michael Talbot nel famoso ‘Universo olografico’ o dal fisico David Peat in ‘Significato e Forma’, ipotizzano tutte l’esistenza di un substrato al di sotto della nostra realtà materiale e temporale.
La coscienza stessa non può essere quantificata scientificamente. Molti credono che esista fuori dal cervello – nel concetto tradizionale indiano di campo, o ‘Akashic’, esiste un compendio di tutte le conosce di tutti gli esseri senzienti esistiti del tempo. Sebbene questo sia d’accordo con molte di queste teorie in merito all’esistenza di una ‘matrice’, qual è l’intelligenza al lavoro dietro tutto questo?

UNA FORZA INTELLIGENTE
L’umanità ha da tempo riconosciuto l’esistenza di un’Intelligenza maggiore, sebbene appaia in diverse forme; e anche i più grandi scienziati della Storia sono arrivati alla stessa conclusione. Einstein disse: «Tutti coloro che sono seriamente coinvolti nella ricerca scientifica si convincano che lo spirito sia una manifestazione delle leggi dell’Universo – uno spirito di gran lunga superiore a quello dell’uomo».
Max Planck, uno dei padri fondatori della fisica quantistica, ha detto: «Tutta la materia ha origine ed esiste solo in virtù di una forza. Dobbiamo assumere che dietro questa forza ci sia l’esistenza di una mente cosciente e intelligente. Questa mente è la matrice di tutta la materia».
Isaac Newton riteneva che l’universo fosse meccanico, messo in moto da Dio e poi lasciato andare. Ci sono altri che credono nel fatto che l’esistenza sia un’emanazione di Dio. Alcuni non credono che esista proprio alcun tipo di intelligenza esterna. Questo non è ciò che penso io.
Molte di queste teorie e credenze sostengono che i nostri pensieri possano alterare il mondo esterno in relazione a noi stessi. Sebbene ci sia un’intelligenza che coordina, tu sei un co-creatore.
Quando la sincronicità si manifesta come un evento esterno, correlato in maniera acausale e significativa ai propri pensieri, è chiaro come si stia aiutando a crearlo.
Ma gli eventi coincidono anche senza che noi li pensiamo, come il momento della mia nascita. Dentro di noi abbiamo sempre saputo che noi siamo sempre stati guardati, persino in una stanza vuota, non siamo mai veramente soli. Quante volte gli eventi si allineano in maniera così strana e statisticamente improbabile da credere che si siano verificati per caso? Essi devono provenire dall’esterno. Ciò significa che la Fonte o l’Unità che in definitiva controlla il tutto è là fuori.
E anche Albert Einstein, d’altronde, una volta ha detto: «La sincronicità è il miglior modo per Dio di rimanere anonimo».

d.tofi
Www.psico-life.it
danielatofi@hotmail.com

domenica 18 ottobre 2015

LE 5 FERITE EMOTIVE CHE CI IMPEDISCONO DI VIVERE SERENAMENTE. ...


le cinque ferite

Alcuni aspetti della nostra esistenza ci impediscono di vivere serenamente. La nostra mancanza di gioia di vivere o addirittura la nostra rassegnazione potrebbero essere legate a una o più ferite. Si parla di cinque ferite emotive fondamentali nate dal rifiuto, dall’abbandono, dal tradimento e dall’aver subito un’ingiustizia o un’umiliazione.

Le persone che hanno subito una o più di queste cinque ferite sviluppano delle maschere per non vederle e per non sentirle. Queste maschere impediscono di identificare le ferite emotive e di guarirle. Per riuscire a comprenderle e a risolverle è necessario andare in profondità, in un viaggio che può risultare doloroso ma che rappresenta l'unica via di guarigione.

Secondo le teorie di Lise Bourbeau, esperta di crescita personale, possiamo guarire le nostre ferite emotive soltanto andando alla loro ricerca e facendole riemergere, senza nasconderle. A parere dell’esperta ognuno di noi nasce con delle ferite emotive. Risolverle per riuscire ad essere felici fa parte del progetto della vita.

Il grado della nostra sofferenza fisica e psicologica può essere un’indicazione di quanto siano profonde le nostre ferite. Il processo di guarigione può essere molto lungo. Lise Bourbeau fa risalire le ferite che dobbiamo affrontare in questa vita alle vite precedenti. Per guarire le nostre ferite emotive dobbiamo cercare di eliminare i filtri e di abbattere le barriere che ci separano da esse.

Forse stiamo cercando di barricarci dietro convinzioni errate o di nascondere le nostre sofferenze. Ecco quali sono le cinque ferite che possiamo provare a cercare dentro di noi. Almeno una di queste potrebbe essere presente senza che ne siamo ancora consapevoli. Provate a riconoscere le cinque ferite e ammirate le fantastiche illustrazioni di Somaramos.

1) Rifiuto
La ferita emotiva del rifiuto è una delle più profonde. Non porta tanto al rifiuto degli altri, quanto alla non accettazione di se stessi e alla svalutazione delle proprie capacità. Non amare se stessi, però, conduce a non riuscire ad amare gli altri e la situazione in questo modo diventa ancora più tragica. Le persone con la ferita del rifiuto vorrebbero vivere sempre nascoste e sentirsi quasi invisibili. Fuggono dalle sfide. Di solito sono degli intellettuali che scelgono la solitudine e che faticano a gestire le emozioni lasciandosi sopraffare da esse. Sono delle persone introspettive, dotate di una spiccata capacità di osservazione e di grande intuito.
2) Abbandono
Persone che portano dentro di sé la ferita dell’abbandono difficilmente riescono a trascorrere del tempo da sole nella vita. Soffrono molto la solitudine e sono sempre alla ricerca di qualcuno che possa fare loro compagnia. Si trovano in una situazione di forte carenza d’affetto di cui a volte non riescono a dare spiegazione né a se stessi né agli altri. Tendono a preoccuparsi molto e con largo anticipo se sanno che dovranno affrontare un evento problematico. Desiderano impegnarsi per un obiettivo comune e spesso amano fare parte di gruppi e associazioni che rispecchino i loro ideali
3) Umiliazione
Chi ha dentro di sé la ferita dell’umiliazione di solito tende ad impegnarsi al massimo nei propri progetti e a dare tutto se stesso nel lavoro di gruppo. La preferenza di queste persone è per i lavori pratici e artigianali, in cui possano esprimere le proprie capacità dando vita a qualcosa di concreto e di visibile che possa attrarre l’attenzione degli altri. Nello stesso tempo la ferita dell’umiliazione può portare a provare vergogna e senso di inferiorità. Può essere presente la tendenza a soddisfare prima di tutto le esigenze degli altri invece di dare la precedenza alle proprie necessità. Empatia e ipersensibilità sono tra le caratteristiche principali delle persone con la ferita dell’umiliazione.
4) Tradimento
Ferita emotiva del tradimento è legata alla fiducia che ad un certo punto è venuta a mancare. Ad esempio si potrebbe essere vittime di una promessa non mantenuta o di un’aspettativa non raggiunta. Chi ha dentro di sé la ferita del tradimento pretende molto sia da se stesso che dagli altri e non ama mostrare segni di debolezza. Le ricche aspettative per il futuro a volte possono diventare un ostacolo perché impediscono di vivere al meglio il presente. Le persone con questa ferita spesso cercano di tenere sotto controllo gli eventi e chi le circonda.
5) Ingiustizia
Le persone che hanno subito un’ingiustizia e che ne sono state ferite profondamente vivono troppo concentrate sul proprio dovere e tendono a privarsi di ogni piacere perché credono di non meritare qualcosa di bello nella vita e perché sono convinte che portando sempre a termine al meglio i propri compiti otterranno la perfezione e una sorta di riscatto. A volte le ferite emotive si manifestano nella struttura fisica delle persone. La ferita dell’ingiustizia porta ad avere un portamento rigido, eretto e fiero. Le persone ferite dall’ingiustizia tendono essere molto precise e ordinate.

sabato 17 ottobre 2015

LE MASCHERE

Le maschere o finzioni funzionali secondo la psicologia

Chi è “ingabbiato nella maschera” non vede il proprio Sé ma coglie in essa l’unico ed esclusivo modo di esserci. Le maschere o “finzioni funzionali” o “rappresentazioni abituali del falso Sé” o “enneatipi in regressione” più frequenti sono:

La maschera persecutoria

Le azioni della quale si concentrano sulle seguenti modalità comportamentale: il ricattare e l’intimidire, con il ricorso ad un atteggiamento aggressivo verbale e fisico; il chiedere con comportamenti arroganti, vendicativi, colpevolizzanti e pretenziosi; la colpevolizzazione.

La maschera narcisistica

Rappresentata da un eccesso di innocenza o ingenuità o falsa e melensa modestia, attraverso la quale il soggetto, impossibilitato a vedere l’altro per quello che è tende ad idealizzarlo o a manipolarlo.

La maschera vittimistica o depressiva

Si manifesta con la tendenza alla svalutazione di sé per avere il controllo dell’altro. E’ una delle forme di manipolazione più potente che esista.


La maschera del salvatore

Si manifesta attraverso il soccorrere, l’iper-accudire, un’accentuata sollecitudine a soddisfare tutte le necessità dell’altro per renderlo ulteriormente dipendente.

La maschera dell’evitante

Il soggetto, al fine di evitare una condizione di assorbimento intersoggettivo  che lo porrebbe nella condizione di sentirsi invaso dall’altro, reagisce assumendo un atteggiamento di freddezza, noncuranza, assenza di passione e cinico distacco.

La maschera del manipolatore affettivo

Il soggetto cerca di corrompere l’altro, con il potere, il denaro, l’amore, il sesso, la generosità, l’adulazione, la compiacenza, lo squadro magnetico e il fascino.

La maschera del dipendente

Si manifesta attraverso l’elemosinare affetto e il pietire l’amore dell’altro.

La maschera della falsa ricettività o remissiva compiacenza

Si manifesta nella forma della falsa disponibilità o della compiacenza o nel non dire mai di no di fronte ad ogni richiesta.

La maschera della falsa passività

Si manifesta attraverso il mancato coinvolgimento affettivo, energetico e la paura di amare, con l’intento non solo di deresponsabilizzarsi, ma soprattutto di ottenere che l’altro faccia qualcosa al nostro posto.

La maschera della falsa autosufficienza

Nasconde la paura di essere rifiutato ed abbandonato.

Per concludere…

Se la  maschera è “di inadeguatezza” ecco che la visione del mondo sarà caratterizzata da insicurezza, senso di difficoltà, paura, svalutazione e diffidenza nei confronti dell’esterno: questa “maschera”, anche se non corrisponde alla vera identità del soggetto – che avrà ovviamente anche altre qualità –  farà sì che lo stesso venga percepito come un soggetto di cui  “diffidare” in quanto persona piena di difficoltà e di difese che non stimolano fiducia negli altri.

Ecco che la maschera – il nostro falso Sé – si impadronisce della nostra essenza non permettendoci di contattarla anzi, finisce per produrre pensieri e comportamenti che attraggono esattamente l’uguale.

Una maschera troppo rigida tende a portare a regressioni il che può essere un vero pericolo per la psiche che si trova a non avere un sufficiente spazio per crescere.

E’ quindi importantissimo capire bene quali sono le “maschere” che abbiamo dovuto indossare in modo da utilizzarle al meglio per sviluppare le qualità e capacità intrinseche che possono poi guidarci alla costruzione della reale identità dell’Io.

Per evolvere, conoscere ed amare in autenticità d’intenti, per guarire le nostre relazioni ed il nostro corpo, occorre che diventiamo consapevoli delle nostre maschere e del modo in cui ci imprigionano nelle nostre quotidiane menzogne.

Testo parziale tratto da “La natura dei conflitti” di F. Manetti”

Impara a dire NO

Un’abilità che molte persone di successo possiedono è la sottile arte di dire no a quelle attività che non sono tra le priorità. Saper dire di no ti consente di focalizzarti sulle cose veramente importanti. Hai solo 24 ore in un giorno e se non impari a dire no alle cose che non sono importanti le priorità delle altre persone prenderanno il sopravvento sulle tue e sarai sommerso da impegni e progetti di altri.
Come se non bastassero i propri :-)
Come prima cosa devi convincerti che tu e le tue priorità siete importanti e questa per molti è probabilmente la parte più difficile nell’imparare a dire no. Un’altra cosa importante è capire che dire di no non significa essere scortesi (se lo si fa con i giusti modi) ma saper mettere i paletti e far valere se stessi. Detto in una sola parola: avere più assertività.
Impara  quindi a dire no a tutti quegli impegni che ti sembra di essere obbligato a dover fare. La cena aziendale, il raduno di ex compagnie, ….
Certo come  introverso “inside”  ti ho citato solo eventi sociali :-)  ma scommetto che anche tu hai una bella lista di impegni ed eventi che sistematicamente ti fanno perdere un sacco di tempo, dove non ti diverti ma che per un motivo o per un altro ti trovi “costretto” a fare e, spesso, in cui le priorità degli altri prendono il sopravvento sulle tue.
“La più sorprendente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare!”

Il filo rosso

Una sera, mentre tornava a casa, un bambino incontrò un uomo anziano in piedi sotto il chiaro di luna. L’uomo disse al bambino che era legato alla sua futura moglie da un filo rosso, e gli indicò la donna alla quale era destinato.
Il bambino, al quale non interessava per nulla conoscere la sua “futura” sposa, lanciò una pietra alla bambina e fuggì.

Anni dopo, il ragazzo si era trasformato in un giovane uomo ed i suoi genitori si preoccuparono di organizzargli il matrimonio, cercando la moglie ideale per lui, come si usava all’epoca in quella cultura. Trovata la compagna e concluso il matrimonio, la prima notte di nozze la moglie venne raggiunta dal marito nella sua stanza, la giovane donna aveva il volto coperto da un velo. Togliendo il velo il giovane vide per la prima volta la bellezza di sua moglie e ne restò meravigliato, ma notò anche un ornamento che la ragazza portava sul sopracciglio. Allora il ragazzo chiese a sua moglie cosa nascondesse l’adorno.

Lei gli raccontò che da bambina, una notte di luna piena, incontrò un bambino che gli lanciò un sasso causandogli una ferita che gli aveva lasciato una brutta cicatrice. L’ornamento serviva a coprire il segno di quella notte.

Il giovane non sapeva che quella notte della sua infanzia, il vecchio da lui incontrato non era altri che Yue Xia Lao, un uomo che, secondo la leggenda popolare, vive sulla luna e ogni notte esce a cercare tra le anime quelle che sono predestinate. In seguito le lega con un sottile filo rosso in modo che non possano più perdersi.

Questa leggenda cinese, della quale esistono diverse versioni, è conosciuta anche in Giappone e parla dei fili invisibili che ci legano ad altre persone, fili che possono impigliarsi o tendersi, ma mai rompersi.

Paulo Coelho, riflettendo su questa leggenda, disse:

“Dicono che durante tutta la nostra vita abbiamo due grandi amori: uno è quello con cui ci si sposa e si vive per sempre, e che forse sarà il padre o la madre dei nostri figli … Quella persona con la quale si ha la massima compenetrazione e si desidera passare il resto della vita …


E dicono che esista un secondo grande amore, una persona che perderemo sempre. Qualcuno al quale siamo legati dalla nascita, talmente legati che le forze della chimica sfuggendo alla ragione gli impediranno, sempre, di avere un lieto fine. Finché un giorno, entrambi smettono di provarci … Si arrendono, e iniziano a cercare l’altra persona che alla fine troveranno.

Ma vi assicuro che non passerà una sola notte senza bisogno di un altro suo bacio, o almeno di discutere una volta ancora …

Tutti sanno di cosa sto parlando, perché mentre leggevano, gli è venuto in mente il suo nome.
Si libereranno di lui o di lei, smetteranno di soffrire, riusciranno a trovare la pace (la sostituiranno con calma), ma non passerà giorno che non desiderino che sia al loro fianco per disturbarli. Perché, a volte, si libera più energia litigando con qualcuno che ami, piuttosto che facendo l’amore con qualcuno che apprezzi”.

Il filo rosso: Destino o ricordo del passato?

In realtà, il lato più interessante di questa leggenda è che tutti abbiamo diversi fili rossi da seguire e molte decisioni da prendere, soprattutto se vogliamo avanzare nella vita. Alcune di queste decisioni sono davvero dolorose, ma necessarie, altre sono errori, puri e semplici.

Pertanto, nelle nostre relazioni dobbiamo sempre trovare un equilibrio. È tanto dannoso lasciarsi trasportare solo dal cuore quanto lo è seguire solo la ragione. Le persone speciali non sono speciali solo per quello che sono, ma anche per il rapporto che abbiamo instaurato con loro, per i ricordi che abbiamo costruito insieme e, naturalmente, per il momento in cui sono entrate nella nostra vita.

Questa combinazione di fattori crea una relazione unica e irripetibile. Pertanto, farà sempre parte della nostra memoria, e il filo rosso non si romperà. Tuttavia, questo non significa che dovremmo restare legati al passato pensandoci continuamente. Invece, a questo punto è importante imparare a ricordare, senza dolore, senza rancore e senza nostalgia.

Siamo tutti legati da fili invisibili alle persone importanti del nostro passato, ma questo non dovrebbe impedirci di vivere nel presente. Quei fili rossi non devono trasformarsi in pesanti fardelli ma piuttosto in ponti che ci collegano a ciò che siamo stati. Non possiamo dimenticare le persone che amiamo, ma possiamo imparare a convivere con ciò senza che presupponga un peso per il nostro presente. Il filo rosso non deve limitare il nostro futuro, piuttosto deve diventare un bel ricordo del nostro

D.tofi
www.psico-life.it
danielatofi@hotmail.com

venerdì 16 ottobre 2015

La lagnanza e le chiacchiere, quali gli effetti? La lagnanza e la chiacchiera sono il frutto di un atteggiamento arcaico...una strategia di sopravvivenza..adottata dal nostro inconscio...per liberarci di stati emotivi e mentali aberranti. Ma cosa succede a chi le subisce?

La lagnanza e la chiacchiera sono il frutto di un atteggiamento arcaico, una strategia di sopravvivenza,  adottata dal nostro inconscio per liberarci di stati emotivi e mentali aberranti.
Le lamentele vanno a scapito di chi le subisce...
È  stato scientificamente provato, che le onde magnetiche caratteristiche  delle lamentele e delle chiacchiere, spengono letteralmente i NEURONI DELL'IPPOCAMPO , preposti tra l'altro alla risoluzione dei problemi. Rimanere esposti per più  di 30 minuti a lagnanze, negatività  e chiacchiere superflue provoca danni effettivi a livello cerebrale, sia che provengono da persone in carne ed ossa che dai media, in primis televisione.
Cosa fare difronte a manifestazioni  del genere?
I media si possono spegnere, escludere. Con le persone si può invece dirottare la conversazione  verso argomenti  propositivi, o addirittura..suggerire al lamentoso. ..di fare tre respiri profondi, espirando forte con la bocca per far uscire il negativo.

Naturalmente noi stessi dovremmo evitare di cadere in lagnanze e inutili chiacchiere, consapevoli che oltre a nuocere a chi ci sta intorno, stiamo letteralmente sprecando la nostra energia. Siamo così  abituati a lamentarci ed ascoltare le lamentele, da essere perfino assuefatti.

Ma se ascoltare le lamentele degli altri spegne i neuroni, quando siamo noi a farlo...cosa succede?
Fisiologicamente, le cellule del nostro cervello si specializzano  con contenuti di basso livello, perdendo nel tempo la creatività  e la capacità  di risolvere le situazioni critiche, uscire dalle difficoltà e mettere in moto l'inventiva,  cosa che si sviluppa normalmente  nelle persone che invece di scegliere la lamentela, trasformano le "crisi" in opportunità.

Un cervello in movimento, volto continuamente a creare,  permette nell'insieme di essere più  consapevoli di sé stessi e di ciò  che lo circonda.
Più  i miei pensieri sono negativi, orientati alla mia sfortuna, alla crisi, al lavoro che scarseggia, al politico che si fa le vacanze di lusso alla faccia del popolo che non c'è la fa, ecc. più  sto nutrendo di energia quella situazione.
Psicologicamente si creerà un circolo vizioso, per cui tali pensieri negativi diverranno l'unica realtà  possibile, moltiplicando proprio  quelle situazioni che confermano questo processo.
Può  capitare di vivere in contesti  nei quali siamo sottoposti a forti pressioni e disequilibri, ambienti carichi di stress e negatività  che agiscono come dei virus, su tutti i fronti: mentale, emozionale e fisico. È  altresi' vero che più  innalzamento il livello energetico, più  la realtà  circostante reagisce alla nostra qualità vibrazionale. Non solo attraiamo nella nostra vita situazioni e persone affini a ciò  che siamo, ma influiamo POSITIVAMENTE  sull'ambiente che ci circonda e sulle persone con cui ci relazioniamo.

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danielatofi@hotmail.com 

L'Ombra

Nel nostro Cammino Evolutivo siamo chiamati, sempre di più, a portare Luce nella nostra ombra. L’ombra è costituita dal nostro Inconscio, che corrisponde al 95% di noi stessi. Non è poca cosa, anzi! Anche coloro che si credono sicuri di Sè, perchè ben coperti da una spessa corazza, in questo periodo vacillano e si chiedono cosa stia succedendo.

Così tanto abbiamo rimosso, nella nostra infanzia, da renderci quasi impossibile il ricordo di ciò che ci è accaduto. Ma le nostre ferite sono ancora lì, aperte e sanguinanti, poichè non sono mai state curate. Ogni volta che qualcuno si comporta in un certo modo con noi, ecco di nuovo emergere le sensazioni e le emozioni sopite, ecco di nuovo la sofferenza di sentirsi rifiutati, abbandonati, traditi, umiliati o trattati ingiustamente.

La corazza che abbiamo costruito per difenderci, la maschera che abbiamo indossato per poter sopravvivere è ancora qui, ed è quella che trema violentemente, ora, mentre la Luce cerca di farsi strada nell’oscurità della nostra Anima. Il tentativo di mostrarsi al mondo buoni o potenti o di aiutare continuamente gli altri pur di essere accettati crolla miseramente mentre guardiamo, increduli, l’orrore celato dentro le pieghe più nascoste della nostra personalità.

E’ tempo di lasciare le maschere e di toglierci quella corazza che abbiamo indossato da bambini, senza neppure accorgercene, per sopperire alla sofferenza, troppo grande da sopportare. E, per fare questo, dobbiamo essere disposti a guardare in faccia la nostra parte più oscura, i nostri sentimenti più ignobili, che per lungo tempo abbiamo nascosto a noi stessi.

Nel difenderci dentro la nostra corazza non ci rendiamo conto cha facciamo subire agli altri le nostre stesse ferite, e ci tocca, ora, prendere atto del fatto che anche noi rifiutiamo, abbandoniamo, tradiamo, umiliamo e trattiamo ingiustamente il prossimo. Lo facciamo proprio con le persone che amiamo di più, quelle che toccano davvero il nostro Cuore e da cui non vorremmo separarci mai. Eppure accade, inconsciamente, che reagiamo in modo da farle sentire così, in modo da riattivare le loro ferite.

La guarigione da qualsiasi sintomo richiede il coraggio di portare Luce nella nostra ombra. I messaggi che il corpo ci invia sono sempre un tentativo di renderci coscienti di ciò che non vogliamo vedere e non capiamo di noi stessi. Ci costringiamo ad andare in una direzione che non ci corrisponde, cerchiamo di controllare o di manipolare ogni cosa, pur di evitare di ripetere una sofferenza che ci aspetta comunque, proprio lì, dove ci siamo diretti per evitarla.

E il nostro corpo insiste nel segnalarci l’errore, nel mostrarci dove stiamo ignorando qualcosa d’importante per noi, lui, che conosce e conserva compiuta memoria in ogni cellula di ciò che ci è davvero accaduto.

La buia notte dell’Anima va attraversata tutta, per essere poi inondati dalla Luce e dalla gioia che nasce dal ritrovare quel bambino, o quella bambina, che avevamo dimenticato e smarrito, dentro di noi. Nasce se accogliamo quel piccolo e lo abbracciamo, lo amiamo e lo confortiamo, lo rassicuriamo e gli diciamo che mai più lo lasceremo, e che ci occuperemo davvero di lui.

Nella Luce, possiamo vedere le nostre miserie, possiamo accogliere la nostra parte più indifesa, possiamo guardare tutto dalla prospettiva della Vita che ci dà, ancora una volta, la possibilità di diventare Noi Stessi, spogliandoci dalle maschere, imparando ad Essere ciò che non siamo mai stati .

Dr.ssa Daniela Tofi
www.psico-life.it
danielatofi@hotmail.com

venerdì 2 ottobre 2015

L'autunno

Mentre la natura si spoglia
E cambia d'abito ancora una volta,
Mentre la ruota del tempo e della vita...reiterazione l'ennesimo giro,
Così  come il sottile fermento della trasformazione coinvolge il tuo essere a tutti i livelli,
Tu, solitario, rinchiuso ancora nella gabbia della mente,
Anelli alla fuga, una vittoria, un riscatto, che ami chiamare liberazione.
Mentre il centro e la periferia si osteggiato in una guerra senza fine
E tu li osservi stanco senza riuscire - quasi- tanto meno a reagire,
Non appropriati più,  lascia cadere le foglie gialle dei pensieri.
Rimani spoglio, forse senza difese, ma nudo e libero a contemplare calmo...il paesaggio, l'anima, la quintessenza di tutto ciò  che è  meglio.