lunedì 7 dicembre 2015

È DIFFICILE DIRTI CIÒ CHE PROVO...alessitimia, analfabetismo emozionale.


“E’ difficile dirti ciò che provo”: alessitimia, l’analfabetismo emozionale fra normalità e patologia
Posted on18/11/2015AuthorantrodichironeLeave a comment

tu chiamale SE PUOI emozioni.docx(sola lettura)

“Date parole al dolore: il dolore che non parla bisbiglia al cuore sovraccarico e gli ordina di spezzarsi”

(Machbeth, atto IV, scena III. Shakespeare)

“ E’ difficile dirti ciò che provo” : quante volte, parlando con un amico o con il proprio ragazzo/a, abbiamo pronunciato questa frase e soprattutto, abbiamo avuto difficoltà a dire alle persone care quello che proviamo per loro. Dare un nome alle emozioni, esprimere il proprio stato d’animo, sembra un processo così naturale e spontaneo che è faticoso credere che per alcuni sia complicato metterlo in atto.

Eppure a volte, risulta faticoso esprimere a parole quello che si prova. Quest’incapacità può essere associata alla paura o alla mancanza di coraggio, altre volte può rappresentare una manifestazione di un fenomeno originato dalla personalità che impedisce l’uomo di verbalizzare il proprio vissuto emotivo. In questo caso, stiamo parlando di persone che soffrono di alessitimia.

Alcune persone sono incapaci di riconoscere le emozioni, infatti il termine Alessitimia (dal greco a: mancanza; lèxis: parola; thimos: emozione) significa “mancanza di parole per le emozioni”, una sorta di “analfabetismo emozionale, una difficoltà non solo nel riconoscere le emozioni, ma anche quella di esplorare e di esprimerle.

Il costrutto dell’alessitimia si basa su osservazioni cliniche condotte all’inizio su pazienti che soffrivano di disturbi classificati come psicosomatici. Nelle malattie psicosomatiche, l’ansia, la sofferenza, le emozioni troppo dolorose per poter essere vissute e sentite, trovano una via di uscita attraverso il corpo.

Il concetto di alessitimia fu però coniato da Sifneos per indicare un disturbo specifico nelle funzioni affettive e simboliche che spesso rende sterile e incolore lo stile comunicativo dei pazienti psicosomatici, confermando la difficoltà di quest’ultimi di esprimere i propri sentimenti soggettivi e aventi uno stile comunicativo caratterizzato da un’attenta attenzione per gli eventi esterni e da un’assenza o forte riduzione di fantasie legate alle pulsioni.

Ci sono alcune caratteristiche considerate peculiari per l’alessitimia:

Difficoltà di identificare i sentimenti e distinguerli dalle sensazioni somatiche;
Difficoltà nel descrivere e comunicare emozioni e sentimenti alle altre persone;
Processi immaginativi limitati;
Stile cognitivo orientato esternamente.
I soggetti alessitimici mostrano una marcata difficoltà a verbalizzare i propri stati emotivi, ma nella maggior parte dei casi non ne hanno consapevolezza. Possono mostrare uno scoppio improvviso di emozioni intense come ad esempio la rabbia, ma non collegano questa emozione ad un episodio specifico o ricordo.

Il soggetto è confuso riguardo le proprie emozioni, specialmente quelle riconosciute come ansia, tristezza e rabbia. A questo si associa la tendenza a manifestare somaticamente emozioni e a minimizzarne le componenti affettive. Il soggetto con alessitimia esprime quindi le proprie emozioni attraverso la componente fisiologica poiché incapace di elaborarne l’aspetto soggettivo vissuto. In un colloquio con un soggetto alessitimico può accadere che questi racconti in maniera estremamente dettagliata un evento e le circostanze connesse, ad esempio la lite con la propria partner e rimanere meravigliato se qualcuno gli fa notare che probabilmente ciò che ha provato in quella specifica situazione è rabbia. Questo sempre perché l’alessitimico ha la tendenza a riferire modificazioni somatiche senza comprendere che l’esperienza della rabbia comprende in sé tutte le sensazioni provate quali tremori o tensione muscolare.

La povertà di immaginazione e delle funzioni ad essa connesse è osservabile nell’attività onirica. Noi tutti siamo abituati a sognare e siamo consapevoli del carico emotivo che i sogni possono avere. I soggetti alessitimici invece, anche in queste situazioni sembrano incapaci di ricordare i sogni o la vita onirica banale. L’attività onirica, laddove presente, ha contenuti mentali fortemente arcaici (come ad esempio scene di violenza o perversioni sessuali) oppure è caratterizzata dalla ripetizione piuttosto stereotipata di avvenimenti diurni ed eventi della vita lavorativa. Stessa cosa per i sogni ad occhi aperti, che sono poveri sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo ed incentrati sulle stesse tematiche.

Gli alessitimici, inoltre, sono maggiormente concentrati su ciò che accade all’esterno. Essi descrivono le proprie esperienze o i vissuti emozionali senza alcun investimento affettivo, come se fossero spettatori più che attori della propria vita. Si focalizzano sugli dettagli, ma senza dare la sensazione a chi li osserva, di parteciparvi emotivamente. Inoltre, essi mostrano una scarsa capacità di sintonizzarsi con le emozioni altrui, mostrando difficoltà a formare e conservare nel tempo relazioni interpersonali intime ( Krystal, 1979).

Tra le possibili ipotesi correlate con lo sviluppo della patologia riveste un ruolo centrale lo stile di attaccamento, in particolare quello insicuro- evitante elaborato da Bowlby. Nel racconto delle storie affettive di persone alessitimiche emerge una ridotta disponibilità affettiva da parte delle figure di accudimento, molto spesso con la presenza di madri depresse o con disturbi di personalità.

L’ Alessitimia potrebbe considerarsi come una difesa contro un dolore psichico o un blocco della sfera affettiva causata da un trauma infantile. Diversi studi hanno dimostrato che i bambini separati dai genitori, anche per brevi periodi, tendono ad ammalarsi più facilmente e presentano difficoltà a regolare le proprie emozioni.

Questo disturbo può inoltre, svilupparsi in seguito a un grave trauma – tratti alessitimici sono stati descritti nei veterani di guerra o in soggetti che hanno subito maltrattamenti o abusi di natura sessuale – o a malattie che portano ad uno stato di pericolo di vita come cancro o trapianto.

In soggetti con condotte dipendenti, come i bevitori abituali o chi abusa si sostanze stupefacenti, si possono riscontrare alcune caratteristiche correlate con l’alessitimia. Sorge spontaneo chiedersi perché questo avviene. La motivazione può essere ritrovata nel fatto che il soggetto alessitimico, cerca di compensare la scarsa quantità e qualità delle emozioni attraverso esperienze che possono alterare lo stato di coscienza, utilizzate come una sorta di condotte compensatorie, la cui assenza porta alla formazione di somatizzazioni in alcuni casi anche gravi. Ciò viene espresso anche nella teoria sulla genesi dell’alessitimia elaborata da Grotstein (1997) il quale afferma : “ di fronte al pericolo di essere sommerso da una valanga di affettività incontrollata il soggetto organizzerebbe delle difese molto generali e massicce nei confronti dell’affettività’ “

Quali sono le conseguenze, nella vita quotidiana, dell’alessitimia?

Le persone che fanno parte della vita di chi soffre di alessitimia e con la quale hanno una relazione affettiva rivestono un ruolo importante nella vita del soggetto. Su queste ricadono le maggiori conseguenze del disturbo.

Gli alessitimici tendono a non riconoscere i sentimenti degli altri, nonostante affermino il contrario. Questo può causare non solo sofferenza ma anche continui inseguimenti sentimentali da parte delle persone che li circondano. All’inizio di una relazione chi soffre di questo disturbo, è capace di dare attenzioni amorevoli, ma allo stesso tempo improvvise e immotivate sparizioni.

Una comunicazione poco efficace è uno degli aspetti più significativo del disturbo ed è quella che crea più conflitti all’interno della famiglia.

Se pensiamo ad esempio ad una relazione di coppia, l’assenza di uno scambio emotivo e la mancanza di condivisione può trasformarsi in un problema deleterio per la coppia. L’alessitimico tenderà a farsi carico di tutti i problemi esterni alla coppia e non riuscirà a percepire i conflitti interni, né a cogliere il peso dei segnali emotivi.

Di conseguenza il partner, percepisce questo comportamento con un mancato interesse attribuendo stati d’animo spesso lontani dalla realtà.

I rapporti relazionali con i soggetti con questo tipo di disturbo sono generalmente scarsi ed oscillano tra una forte dipendenza verso qualcuno a cui si rivolge e si fa affidamento, ad una forma di isolamento ricercato e voluto con cui la persona decide deliberatamente di evitare qualsiasi contatto e condivisione con il prossimo, preferendo l’isolamento emotivo.

In conclusione, va specificato un punto importante del costrutto dell’alessitimia. Le persone con questo disturbo provano le nostre stesse emozioni, ma non sono coscienti di questa emotività. L’alessitimico vive l’emozione solo per via somatica, percependo quindi solo gli effetti fisici come ad esempio il batticuore o il nodo alla gola, senza però sapere come individuarne il significato. Come afferma LeDoux (1996), «Sono gli stati del cervello e le risposte del corpo i fatti fondamentali di un’emozione. I sentimenti coscienti sono solo decorazioni, la ciliegina sulla torta emotiva». La persona non inibisce o nega le emozioni, bensì non ha parole; in altri termini: non riesce ad esprimere.

Quindi non possiamo parlare di persone “senza cuore” o “fredde”, e quindi meno emotive, ma semplicemente di persone “non consapevoli”.

domenica 6 dicembre 2015

L'albero degli amici


“Nelle nostre vite esistono persone che ci rendono felici per la semplice casualità di averle incrociate nel nostro cammino. Alcune percorrono il cammino al nostro fianco, vedendo molte lune passare, altre le vediamo appena tra un passo e l’altro. Chiamiamo tutti amici e ce ne sono di diversi tipi.

Forse ogni foglia di un albero rappresenta uno dei nostri amici. Il primo che nasce da un germoglio è il nostro amico papà e la nostra amica mamma che ci mostrano come è la vita. Poi vengono gli amici fratelli, con i quali dividiamo il nostro spazio perché possano fiorire come noi.

Passiamo a conoscere tutta la famiglia di foglie che rispettiamo e alle quali auguriamo ogni bene. Ma il destino ci presenta altri amici, che non sapevamo di incontrare nel nostro cammino. Molti di loro li chiamiamo amici dell’anima, del cuore. Sono sinceri, sono veri. Sanno quando non stiamo bene, sanno ciò che ci rende felici.

E a volte uno di quegli amici dell’anima si installa nel nostro cuore e allora viene chiamato innamorato. Questo amico dà luce ai nostri occhi, musica alle nostre labbra, salti ai nostri piedi. Ma ci sono anche gli amici del momento, di una vacanza, di alcuni giorni o di alcune ore.

Sono soliti collocare molti sorrisi sul nostro volto, per tutto il tempo in cui siamo vicini.

Parliamo di quelli vicino, non possiamo dimenticare gli amici lontani, quelli che sono nella punta dei rami e quando soffia il vento, appaiono sempre tra una foglia e l’altra.

Il tempo passa, l’estate se ne va, l’autunno si avvicina e perdiamo alcune delle nostre foglie, alcune nascono un’altra estate e altre resteranno per molte stagioni. Però ciò che ci rende più felici è che quelle che sono cadute continuano ad essere vicine, aumentano la nostra radice con allegria. Sono ricordi meravigliosi di quando le incontrammo nel nostro cammino.

Ti auguro foglia del mio albero, pace, amore, salute, fortuna e prosperità. Oggi e sempre… Semplicemente perché ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un po’ di sé e si porta via un po’ di noi.

Ci sarà chi si è portato via molto, ma non ci sarà mai chi non ha lasciato nulla. Questa è la più grande responsabilità della nostra vita e la prova evidente che due anime non si incontrano per caso.”

L’albero degli amici di Jorge Luis Borges

martedì 1 dicembre 2015

Bioneuroemozione per risolvere alcuni problemi fisici come il mal di testa

Bioneuroemozione e mal di testa
Anche se può essere difficile da credere, le nostre emozioni hanno ripercussioni sul nostro stato fisico e possono manifestarsi come mal di testa o mal di schiena, dunque è importante risolvere i nostri problemi emotivi per evitare questi fastidiosi disturbi fisici.

È possibile che già abbiate sentito parlare del concetto di “bioneuroemozione”. Si riferisce al fatto che determinati fattori incoscienti della nostra vita possono determinare la comparsa di diversi dolori o problemi.

Nessuno può negare, ad esempio, che lo stress o l’ansia si riflettono sul nostro benessere fisico o che persone affette da gravi forme di depressione si ammalino perché il loro sistema immunitario si debilita e le rende più soggette a soffrire di determinati disturbi.

Ovviamente non stiamo assolutamente parlando di malattie gravi, in quel caso nemmeno la medicina tradizionale molto spesso è in grado di capire da cosa esse siano provocate.

La bioneuroemozione è un’interessante tendenza umanistica che sta acquisendo molta forza ogni giorno di più.

Si tratta di un modo di acquisire conoscenze e scoprire nuove tendenze per risolvere le patologie più comuni come, ad esempio, il mal di testa.

Bioneuroemozione: come influisce sulla nostra vita?

Prima di tutto, dobbiamo dire che la bioneuroemozione non cerca di curare, trattare o sostituirsi alle tecniche della medicina tradizionale. Ciò che questa corrente cerca di fare si può riassumere nei seguenti aspetti:

Riconoscere una problematica del nostro corpo fortemente connessa al nostro stato emotivo. Per esempio: i nostri problemi di coppia ci fanno sentire insicuri, ci sentiamo stanchi, senza voglia di fare niente, soffriamo di emicranee e dolori muscolari.

Si cerca di promuovere un nuovo cambiamento nelle nostre emozioni, nei nostri pensieri e nelle motivazioni non solo per conoscerci meglio, ma anche per propiziare nuovi approcci interni che ci permettano di cambiare atteggiamento nei confronti della vita di tutti i giorni per superare i problemi.
La bioneuroemozione vuole innanzitutto offrire una conoscenza più ampia ad ogni persona su com’è fatta e su come i propri pensieri e le proprie emozioni producano cambiamenti a livello cellulare, cerebrale, ecc.
Altro esempio: se stiamo stati educati ad essere freddi, in una famiglia in cui non ci riconoscevamo, in cui venivamo sempre rimproverati e non ci veniva offerto affetto, questi fattori si rifletteranno nel modo in cui è maturato il nostro cervello.

Lo stress, l’indifesa e la paura, determinano molti dei dolori che possiamo provare da grandi.

La relazione tra la bioneuroemozione e il mal di testa-mal-di-schiena

Tutti quanti sappiamo molto bene che il mal di testa può essere provocato da vari fattori, soprattutto di origine organica:

Soffrire di anemia.
Accumulare stanchezza.
Non aver dormito bene.
Non mangiare in modo adeguato.
Avere un fegato malato che non depura correttamente il nostro organismo.
Qualche malattia “silenziosa”.
Allergie alimentari.
Fattori ambientali, come cambiamenti di pressione o temperatura.
Dolore prodotto da un sovraccarico muscolare, dalle cervicali, ecc.
Volete saperne di più? Leggete: Possiamo disintossicarci dalle nostre emozioni?

Tutti questi fattori determinano molte volte quel mal di testa che cerchiamo di alleviare con un analgesico o con altri tipi di farmaci. Ebbene: che succede quando questi disturbi persistono e vanno e vengono senza che ne comprendiamo bene il motivo?

Certamente avrete notato che, a volte, dopo essere usciti dal lavoro ed essere tornati a casa, dopo un po’ di tempo compare il mal di testa o più probabilmente, dopo aver discusso con qualcuno, notate che un dolore pulsante si concentra sulle vostre tempie.

Un dato che dobbiamo tenere in considerazione è che il mal di testa relazionato alle nostre emozioni non compare nello stesso momento in cui sorge il problema, ovvero nel momento stesso in cui avviene la discussione, ci spaventiamo o subiamo una delusione.

Compare qualche ora dopo o anche qualche giorno dopo. Molti medici indicano persino che i mal di testa sono più frequenti durante il fine settimana.

A cosa si deve ciò?

Quando affrontiamo un determinato problema, la cosa migliore da fare sarebbe risolvere o gestire le emozioni il prima possibile. Tuttavia, ciò che di solito facciamo  è “sconnettere”, non affrontare la situazione e rimandare il problema aspettando che, con il passare del tempo, le cose cambino da sole.
Quando abbiamo problemi di coppia, di solito soffriamo di uno stress cumulativo, perché si mescolano molte emozioni.

Scoprite gli effetti di emozioni e pensieri tristi sul nostro corpo

Vogliamo che le cose migliorino, speriamo di ritornare felici come prima, ma, poco a poco, tutte queste ansie si accumulano nella nostra mente e, di conseguenza, nel nostro corpo.
Queste emozioni negative accumulate si traducono dopo poco tempo in dolore, tensione interna e stress che quasi sempre genera mal di testa.
Le emozioni possono generare cambiamenti metabolici, ed essi derivano da alterazioni nelle nostre cellule, nei neurotrasmettitori, nei nostri tessuti e, di conseguenza, anche nella nostra circolazione sanguigna e nei nostri organi.
Non avete mai notato, ad esempio, che quando avete qualche problema digerite con maggiore difficoltà?

Se volete sapere come sta oggi il vostro corpo, pensate a come siete stati ieri. Se eravate molto ansiosi, se avete subito stress, paure o se vi siete sentiti insicuri, il vostro organismo ne risentirà e il mal di testa potrebbe essere il primo indizio.

Per concludere, ricordate che mantenere una corretta alimentazione e uno stile di vita sano è fondamentale per godere di ottima salute.

Ebbene prendetevi sempre cura delle vostre emozioni e ricordate cosa ci dice la bioneuroemozione: ogni problema non risolto, ogni tipo di ansia, produce cambiamenti biochimici che determineranno problemi di salute.

Prendetevi cura della vostra coscienza, delle vostre emozioni, del vostro benessere interno affinché possiate disporre di una salute più stabile..per sentirsi al meglio delle vostre possibilità.

Dott.ssa Daniela Tofi www.psico-life.it danielatofi@hotmail.com